L’incisione sulla tomba è ancora chiara. Le lettere, accanto al simbolo di una croce, recitano “Ego Aurelius”. Poi, la sigla “Eps”, di “Episcopus”. Tradotto, “Io Aurelio, vescovo”. L’iscrizione risale al sesto-settimo secolo ed è l’ultima delle tante sorprese appena restituite dall’antichissima acropoli di Cuma. Il reperto proviene infatti dalla recente campagna di scavo condotta dal Dipartimento di Lettere e beni culturali (Dilbec) dell’università Luigi Vanvitelli. Trentadue studenti, tra archeologi e architetti, hanno lavorato sul terrazzamento più alto del sito, attorno al “settore h” del famoso tempio di Giove. Che poi di Giove non è, poi vedremo perché. Il cantiere, guidato da Carlo Rescigno, professore di Archeologia classica nell’ateneo campano, è durato poco più di un mese tra fine giugno e inizio agosto e si appena concluso.
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