Il disinquinamento del fiume Sarno è ancora lontano, specie in provincia di Salerno, ad onta dei milionari progetti di depurazione. E le cose non vanno certo meglio per gli affluenti Torrente Solofrana e Cavaiola. A ribadirlo, ancora una volta, il dossier “Buone e cattive acque” di Legambiente. L’indagine rammenta il «quadro preoccupante» dello scenario italiano, anche alla luce della legislazione comunitaria. «In base ai monitoraggi eseguiti per la direttiva Quadro Acque – scrive Legambiente – lo stato attuale dei corpi idrici italiani vede solo il 43% dei 7.494 fiumi in “buono o elevato stato ecologico”, il 41% è al di sotto dell’obiettivo di qualità previsto e ben il 16% non è stato ancora classificato». E il Sarno risulta un archetipo della “malacqua” nazionale. «Proprio nell’ultimo dossier presentato il 18 gennaio 2018 a Salerno – ricorda l’associazione ambientalista-, si registra la situazione sempre critica del Bacino del Sarno. Dei 16 punti indagati lungo l’intero bacino del Fiume Sarno, compresi i Torrenti Cavaiola, Laura e Solofrana, tra il 26 e il 29 settembre 2017, 10 non raggiungono una qualità sufficiente avendo totalizzato punteggi che gli assegnano uno stato di qualità “Scarso” per 4 punti e uno stato “Cattivo” per altri 6. Soltanto 6 campioni raggiungono una qualità sufficiente o superiore, di questi 2 raggiungono punteggi tali da avere assegnato uno stato di qualità “Sufficiente”, 3 lo stato “Buono” e soltanto 1 quello “Elevato”».

Gli ultimi dati. Anche gli ultimi dati confermano il trend storico, con il versante salernitano ad arrancare, nel processo di risanamento. Lentezze che l’Europa punisce regolarmente. «Uno dei punti fondamentali, oltre al contrasto degli sversamenti illegali e all’abbandono dei rifiuti – afferma il dossier-, essenziale è il completamento di un sistema depurativo efficiente (impianti, reti di collettamento, reti fognarie). Nonostante, sono state realizzate opere che consentono il trattamento del 60% dei reflui degli abitanti equivalenti (cittadini residenti più industrie) che insistono nel bacino, dal ministero dell’ambiente si evidenzia che i Comuni di Angri, Nocera e Sarno ricadono nell’agglomerato di Nocera Inferiore e sono interessati dalla procedura di infrazione n.2014/2059 per violazione degli articoli 3 e 4 della Direttiva 91/271/CEE; il comune di Scafati ricade nell’agglomerato di Scafati, interessato dalla procedura di infrazione n.2014/2014/2059 per violazione degli articoli 3 e 4 della predetta Direttiva; il Comune di Castellammare di Stabia ricade nell’agglomerato di Torre del Greco, in procedura di infrazione n.2014/2059 per violazione dell’articolo 4». Sul tema, viene citata la risposta scritta a firma del Ministro dell’Ambiente, Sergio Costa, ad un’interrogazione parlamentare. Si riportano informazioni sugli interventi relativi ai 3 agglomerati, comunicate dalla Regione.
«La stessa Regione Campania ha contestualmente comunicato che, la data per il raggiungimento della conformità dell’agglomerato di Nocera Inferiore – spiega Legambiente – è prevista per la fine del 2022, la data per il raggiungimento della conformità dell’agglomerato di Scafati è prevista per la fine del 2020». Spiragli positivi, invece, dalla porzione in provincia di Napoli.
«In merito all’agglomerato di Torre del Greco – aggiunge il dossier-, la Regione Campania ha comunicato la raggiunta conformità, supportandola con i referti analitici relativi all’impianto di depurazione di Castellammare di Stabia».
L’indagine si occupa pure dell’area solofrana, a cavallo tra le province di Salerno e Avellino. Un distretto industriale della concia, il cui impatto ambientale è da sempre problematico. «Per le comunità dell’Alto Bacino del Sarno – rievoca Legambiente-, una data in particolare, 4 gennaio 2014, ha segnato un vero e proprio “spartiacque”, tra due epoche contraddistinte, soprattutto per chi fino ad allora aveva dato per scontato l’utilizzo del bene comune Acqua. Infatti, il 4 gennaio del 2014 l’Alto Calore (ente gestore idrico) avvisava il Comune di Montoro della presenza di Tetracloroetilene, solvente clorurato, nel pozzo di Chiusa. L’8 gennaio 2014, a seguito dei controlli effettuati dall’Arpa Campania, vengono rilevati elevati tassi di Tetracloroetilene in una fontana pubblica del centro di Solofra. Come conseguenza viene emessa immediatamente per il Comune di Montoro un’ordinanza sindacale di divieto di utilizzo dell’acqua a fini potabili per tutto il territorio comunale e la chiusura di tutte le fontane pubbliche, per poi arrivare alla comunicazione di allerta del 10 gennaio al Comune di Solofra da parte dell’Arpac». A quel punto scoppia l’emergenza Tetracloroetilene, con la chiusura dei pozzi Consolazione ed Eustachio e di numerosi pozzi industriali a Solofra. La conseguenza è una crisi idrica. Anche qui l’aspirazione al ristoro ambientale si scontra con i ritardi. Tanto che gli ambientalisti compiono un blitz, lo scorso 13 agosto, presso i due impianti di depurazione dell’Alto Sarno. Uno è a servizio dell’area industriale in località Carpisani a Solofra, e l’altro biologico si trova in località Costa a Mercato San Severino. Quel giorno viene esposto uno striscione con la scritta “Che Vergogna!”, per chiedere l’avvio dei lavori di adeguamento. «Entrambe le strutture pubbliche strategiche, gestite da una società privata, Cogei srl, e affidataria diretta della Regione Campania – si legge nel dossier-, sono inadempienti a tal punto da essere sequestrati con facoltà d’uso. Ad aprile del 2017 il sequestro dell’impianto di Solofra a causa della molestia olfattiva. La Regione, che aveva già speso per la manutenzione ordinaria circa 260.000 €, ad oggi ha appaltato la gara per la progettazione degli interventi per il contenimento delle emissioni in atmosfera e “promesso” oltre due milioni di euro per i lavori di adeguamento strutturale dell’impianto e di renderlo autonomo per consentire il trattamento biologico dei reflui civili e industriali».

Ad Agosto 2018, quindi, c’è il sequestro del depuratore di Mercato San Severino. Un provvedimento adottato «a causa del non funzionamento dell’impianto per abbattimento dei fumi e poiché i locali destinati ai trattamenti non erano in depressione, inoltre gli interventi migliorativi messi in campo dalla giunta regionale erano stati solo parzialmente realizzati e come conseguenza si generano emissioni di miasmi».
Il 4 gennaio di quest’anno, a 5 anni dalla contaminazione da Tetracloroetilene, nuovo blitz del circolo Legambiente presso il pozzo Consolazione. Un simbolo dell’emergenza. La richiesta è di avviare il piano di caratterizzazione, propedeutica alla bonifica, per consentire di individuare possibili focolai e avere una maggiore conoscenza delle attuali pressioni sulle matrici ambientali. Una risposta pare arrivare: nell’incontro del’11 febbraio alla Regione, si stabilisce lo sblocco del piano di caratterizzazione con il Comune di Solofra, in qualità di soggetto attuatore, e il supporto tecnico di Eic. La Regione conferma le risorse a sostegno per circa due milioni di euro. E adesso l’attesa è per i tempi di realizzazione.
da Salernosera.it